Il puzzle della nostra nuova vita a Dar es Salaam si sta componendo.
L’inserimento in una nuova città, in un nuovo contesto, imparai ad un corso,
avviene in genere dopo 6-8 mesi dall’arrivo. E’ sempre stata confermata questa
teoria nei precedenti trasferimenti e questa volta ?
Forse perchè torniamo in
un Paese dove siamo già stati, seppure ormai dieci anni fa, mi chiedo se sarà più
breve.
Intanto alcuni segnali di integrazione si
percepiscono dal fatto che ho la tessera fedeltà del supermercato vicino
a casa, il numero di telefono di diversi conducenti di bajaj ( ape car che funge da taxi ) che mi possano
scarrozzare e cominciano a conoscere i miei orari e percorsi abituali, i bimbi
che si attaccano alle minime cose di cui si sta componendo la nostra nuova
routine.
Dar es Salaam dopo dieci anni dall’ultima visita mi pare
abbastanza sconvolgente in termini di sviluppo di grattacieli, strade
asfaltate, autobus rapidi etc.
Dar es Salaam, Tanzania: da casa nostra palme e grattacieli |
ma la vita nelle
retrovie non è cambiata: nel percorso per andare a scuola ci divertiamo a
vedere come si sveglia la città tra signore attrezzate con un panchetto di legno
e un po’ di carbone agli angoli delle
strade che friggono pastelle, patatine,
chapati diventando l’equivalente del
nostro espresso al bar andando al lavoro. I negozi che aprono i battenti ed espongono la merce tutta insieme sul
marciapiede: scope affianco all’acqua, abiti usati, carbone, succhi di frutta,
ferri da stiro,detersivi, latte in polvere...quello che una volta da noi era il
negozietto di quartiere prima che venisse mangiato dalla grande distribuzione
qui c’è, ce ne sono e sono molto comodi.
Intanto continuo a
ripassare lo swahili, che stenta a riaffiorare forse per la pigrizia del mio
cervello che comincia a rifiutare gli innumerevoli e repentini cambiamenti e un
po’ affaticato dall’altalena dei sentimenti tipica dell’espatrio.
Ruvuma, Tanzania |
La nostalgia infatti si fa sentire prepotente e ci sono giorni in
cui spacca il cuore, ti chiedi perchè sei qui e non con il resto della famiglia, con le radici. Succede
soprattutto nei momenti molto tristi o molto felici e si sa che la vita ne è
piena.
Senti tutto il peso della scelta fatta, ti senti ancora più straniero in
terra straniera, le distanze sembrano moltiplicate e mentre ti accartocci con
questi pensieri tristi arriva una telefonata da tuo marito che è in giro per i
progetti nelle zone rurali della Tanzania e ti dice di quanto sia precaria la
situazione sanitaria nel Paese, di quanto lavoro ci sia da fare, ti manda
fotografie di posti incantevoli accesi da terra rossa e colline verdeggianti,
senti l’orgoglio per il lavoro che svolge e riesci a mandare giù il nodo alla
gola e racconti ai bimbi di quanto sia grande e diversa la Tanzania fuori dalla città sperando di
mostrargliela al più presto.
E così vai avanti tenendo le tristezze e le
malinconie in un angolino sempre pronte a saltar fuori ma aprendo bene le
finestre del cuore alla nuova vita.