martedì 18 gennaio 2011

18.01.2011 PARTORIRE IN ITALIA PENSANDO A TANZANIA, UGANDA, ANGOLA…

Il 3 dicembre ho partorito Geremia…un bel maschietto di 3, 315 Kg. Parto naturale, tutto bene, al Sant’orsola di Bologna. Lo stesso giorno il CUAMM-Medici con l’Africa, l’ong con la quale Matte sta lavorando compiva 60 anni e come campagna ha scelto l’attenzione alla cura materno-infantile. Mentre io partorivo, in quell’esatto momento si stava festeggiando questo evento e sensisbilizzando le persone sull’importanza di sostenere i progetti e gli ospedali con un’ottica di attenzione a salvare la vita a mamme e bimbi proprio al momento del parto. In Africa ogni anno muoiono 4,5 milioni di bambini sotto i 5 anni e 265 mila madri. Sono le cifre di un genocidio. Eppure gran parte di queste morti sono legate alla gravidanza e al parto e potrebbero essere evitate garantendo l’assistenza sanitaria di base. Da 60 anni Medici con l’Africa Cuamm combatte sul campo questa guerra troppo spesso dimenticata.( www.cuamm.org )E io , in quell’esatto istante ero in ua sala parto che dire attrezzata è un eufemismo, con 2 ostetriche praticamente a mia disposizione, mio marito al mio fianco e potevo con un solo gesto regolare il letto facendogli compiere manovre incredibili, ormai credevo che potesse anche farmi il caffè! Durante il travaglio con Matte abbiamo parlato tanto, perché io mi distraessi ma in realtà abbiamo parlato di sale parto, eh già quelle che abbiamo visto in giro per l’Africa,abbiamo ricordato parti nei quali in qualche modo o prima o dopo siamo stati partecipi, abbiamo raccontato di condizioni nelle quali le madri affrontano la gravidanza prima, il parto e i primi giorni con il neonato…. L’ospedale di Naggalama in Uganda come incubatrice aveva una lampadina e una coperta; in Tanzania Matte ha portato in macchina per 120 km di sterrato una mamma con il secondo gemello che stava per uscire, il primo era già stato partorito; le donne lavorano i campi fino al giorno in cui partoriscono e qualche ora dopo il parto percorrono chilometri per tornare a casa dagli altri numerosi figli con il neonato avvolto in una stoffa ( sempre che abbiano partorito in ospedale). Tutte queste cose le abbiamo vissute davvero da vicino e intanto io curata e accudita grtuitamente in ospedale mi sento che sto rubando ostetriche al resto del mondo, macchinari a centinaia di ospedali, sorrisi e attenzioni a tante tantissime mamme . Ma raccontando e parlando abbiamo fatto breccia nel cuore di una ostetrica che si è entusiasmata e ci ha chiesto come poter partire per poter dare una mano….forse qualcosa siamo riusciti a fare, forse un cambiamento nel cuore della gente ci può essere. Forse la coincidenza di eventi, di date, ci porterà a rifelettere sempre di più sul diritto alla salute di tutti, forse Geremia sarà stato una speranza per tanti bimbi se nascendo avrà convinto quell’ostertica a donare la sua professionalità all’Africa.